Colpisce soprattutto le donne, questo disagio psicologico legato a esperienze passate e bisogni presenti disattesi. La terapia individuale e di gruppo, validi strumenti di cura. Si dice spesso che ogni sentimento, anche il più bello, può trasformarsi nel suo opposto. Accadde così che uno dei sentimenti più naturali e positivi come l’amore, si possa trasformare in alcuni casi in una manifestazione negativa che influisce tanto nel rapporto con l’altro quanto sul proprio personale equilibrio. E’ la degenerazione del legame affettivo in qualcosa di eccessivamente stretto, vincolante, fino a diventare una “dolorosa ossessione” in cui il naturale equilibrio tra il dare e il ricevere si altera, trasformando l’amore in un’abitudine al dolore fino a una vera e propria dipendenza, con tutti le caratteristiche e le conseguenze del disagio psichico. E’ opportuno, però, proprio perché ci troviamo davanti a un sentimento naturale e che influisce quotidianamente nel nostro vivere, riconoscere le differenze tra generici stati di sofferenza e condizioni psicologiche più complesse. Basta guardare al proprio personale trascorso per accorgersi che, prima o poi, tutti possono soffrire del così detto “Male d’amore”, legato ad uno stato affettivo o di interesse verso qualcuno che non corrisponde o che non è raggiungibile; la sensazione di delusione e tristezza determinata da un rifiuto o da un’impossibilità a veder coronato il proprio desiderio, porta a un malessere che, più o meno accentuato a seconda della persona, è comunque fisiologico delle relazioni sociali e per questo assolutamente naturale. Ci sembrerà infinito il tempo del dolore e incurabile la ferita d’amore ma, prima o poi, si supererà e si recupererà un stile di vita sereno e un atteggiamento aperto a nuove relazioni affettive. Diverso il caso, invece, in cui all’interno di una relazione di coppia la mancanza di affetto porta a una tendenza psicologica e comportamentale che può coincidere con la dipendenza affettiva. Assume l’evocativo nome di “Intossicazione d’amore”, la condizione in cui allo scambio biunivoco di affetto si sostituisce quello univoco che vede la figura di un donatore a senso unico non ricambiato dall’altro. Ne consegue un malessere psicologico e talora fisico, il quale può essere superato attraverso un cambiamento del rapporto di coppia o una sua interruzione, mentre quando ciò risulta impossibile si è soliti parlare di “Dipendenza affettiva”. Questa patologia si instaura all’interno di coppie in cui uno dei due partner mostra segni di dipendenza verso l’altro, con la tendenza a conservare questo disequilibrio perpetuando lo stato di malessere. Vi è infatti, da parte del partner che soffre di questa condizione una tendenza a provare piacere, “ebbrezza”, in funzione delle reazioni dell’altro rispetto ai propri comportamenti; a ciò si aggiunge la tendenza a diminuire sempre più il tempo dedicato a se stessi , riversandosi quasi totalmente sull’altro da cui non ci si vuole staccare, pena la disperazione e prostrazione; infine, l’incapacità a controllarsi, a essere critici verso se stessi e guardarsi dall’esterno, perdendo così quel senso di lucidità che ci farebbe guardare in modo più obiettivo il rapporto intessuto col partner. Si diventa così, ossessivi, spinti sempre più a non lasciare libero nessuno spazio personale, parassitari e costantemente alla ricerca di rassicurazioni che lasciano trasparire un forte bisogno di sicurezza alla base di questo comportamento, fino a un ripiegamento su se stessi, chiusi nel desiderio di rispondere solo e soltanto alle necessità dell’altro e in nome di un amore che viene prima di sé e dei propri bisogni. Di fatti, la persona affetta da un amore dipendente tende a disconoscere e a far disconoscere all’altro i propri bisogni di ricevere amore, riversando tutto se stesso in un rapporto ormai totalmente squilibrato. All’origine di questa patologia vi possono essere motivazioni diverse e spesso intrecciate tra loro, tra cui mostrano un’incidenza maggiore due fattori: l’alta incidenza nella popolazione femminile, in parte spiegabile con un diverso funzionamento psichico tra uomini e donne; laddove, infatti, gli uomini tendono ad allontanare il dolore e il ricordo del trauma, le donne diversamente tendono a riviverlo nel tentativo illusorio di poterlo modificare o controllare. Il secondo fattore di incidenza nella dipendenza affettiva è legato a un trascorso personale caratterizzato da eventi traumatici, come maltrattamenti o abusi, che può portare la persona a sviluppare forme affettive dipendenti. Rispetto a ciò, è importante tener conto come un passato familiare caratterizzato da mancanza affettiva, bisogni emotivi trascurati, soprattutto nell’età evolutiva, riemerga in un atteggiamento con cui si cerca di compensare ciò che non si ha avuto, dedicandosi completamente all’altro, o controllando la relazione in modo ossessivo laddove nella propria infanzia si è stati impossibilitati a sperimentare sensazioni di sicurezza. Un complesso rapporto tra carenze pregresse e tentativi illusori di compensazione presenti, che porta la persona affetta da dipendenza affettiva a vivere nel terrore dell’abbandono, ad assumersi tutte le responsabilità e le colpe della vita di coppia, con una profonda convinzione di non meritare la felicità fino a condizioni di forte stress psico-fisico legati alla tendenza a sottovalutare il reale peso connesso a ciò che serve per aiutare la persona amata. Un discorso particolare va fatto, invece, per una specifica forma di dipendenza affettiva, definita “Co-dipendenza”, inizialmente osservata nelle coppie di alcolisti e tossicodipendenti in cui si intrecciano varie forme di sofferenza derivanti dalla completa concentrazione di sé verso il partner dipendente da sostanze. Anche in questo caso, come nelle altre forme di dipendenza affettive, si ha la tendenza ad annullarsi nel rapporto, negando o sottovalutando i propri bisogni ed indebolendo progressivamente il proprio Io che, privo di attenzioni e risposte, si ricopre dei bisogni dell’altro e non riesce più a percepire i propri. La prima difficoltà nell’affrontare questa patologia, come spesso accade, è quella del riconoscimento e dell’ammissione. A ciò contribuisce sia la difficoltà, come abbiamo accennato all’inizio, di distinguere una condizione normale da una patologica, sia la concezione di affetto che la persona ha, modellata spesso su un modello passato non equilibrato o soddisfacente. Per questo un percorso terapeutico, anche di gruppo, è importante e necessario. Basta pensare a quanta parte questo sentimento di amore occupi nella nostra vita, per capire l’importanza di una relazione affettiva basata sull’annullamento del Sé ma sull’equilibrio con l’Altro.